Riconoscere una buona Riabilitazione Neurocognitiva (parte II)
Cosa deve NON contenere un esercizio di Riabilitazione Neurocognitiva
Di seguito vediamo invece quali elementi non deve contenere un esercizio di Riabilitazione Neurocognitiva per essere definito tale.
- Stretching
- Sforzi eccessivi
- Frasi che denotano una conoscenza parziale della Riabilitazione Neurocognitiva
- Proposte che nascondono poca conoscenza della Riabilitazione Neurocognitiva
Stretching
Un esercizio che sia basato sullo stretching oltre a non contenere gli elementi descritti in precedenza come la percezione e la presenza di un problema, non coglie neppure il reale funzionamento del nostro corpo in seguito ad un ictus.
Tendenzialmente in seguito ad un ictus i nostri muscoli sono suscettibili ad un aumento di tono, intendo dire che risultano più resistenti al movimento, fenomeno conosciuto comunemente come ipertono, ma che più correttamente prende il nome di riflesso abnorme allo stiramento.
Anche in salute i nostri muscoli, per un meccanismo di difesa, se allungati oltre una certa soglia presentano un riflesso di contrazione che ne limita lo stiramento. Dopo un ictus la soglia entro la quale compare questo riflesso di stiramento è assai più bassa e suscettibile, è per questo che sono sufficienti piccoli movimenti per scatenare questa risposta riflessa dei muscoli che appare generalmente con la chiusura delle articolazioni del braccio (dita mano polso gomito e spalla), l’estensione della gamba e la torsione del piede (supinazione).
In salute abbiamo la possibilità di controllare coscientemente la natura di questo riflesso, ma in seguito ad un ictus che ha alterato molte delle capacità di interazione, questo fenomeno appare spesso al di fuori del nostro controllo.
Per fare un esempio pratico, è come se i muscoli in seguito alla mancanza del controllo cerebrale del movimento prendessero il sopravvento svolgendo la loro attività, quella di contrarsi.
Pertanto la reazione abnorme allo stiramento è un fenomeno che si manifesta sui muscoli mostrandoli rigidi al movimento, ma ancora una volta trova la sua causa nell’alterazione dei processi cognitivi.
Pertanto ogni intervento diretto sui muscoli come lo stretching, svolto per sperare di ridurre l’ipertono è fallimentare in quanto non viene colto il reale problema dell’ipertono.
Lo stretching può anche dare sollievo momentaneo al paziente, come del resto lo può dare anche un bel bagno caldo o una bella dormita, ma questo non significa che il paziente abbia imparato a tenere sotto controllo questo fenomeno durante il movimento. Mentre quando lavoriamo stimolando l’attenzione, la percezione e gli altri processi cognitivi del paziente non facciamo altro che riordinare il controllo cosciente sul movimento.
Se il vostro terapista durante la sessione di lavoro con voi si prodiga anche solo per qualche minuto allo stretching, potete essere certi che la sua conoscenza della Riabilitazione Neurocognitiva è decisamente parziale.
Sforzi eccessivi
Oltre alla reattività allo stiramento che in seguito ad un ictus diventa abnorme, c’è un’altra caratteristica del movimento dell’essere umano che in seguito ad ictus viene alterata: l’irradiazione.
L’irradiazione è quel fenomeno che ci permette di svolgere un compito difficile e faticoso permettendoci di far coinvolgere più elementi del nostro corpo contemporaneamente in modo funzionale.
L’esempio classico è quello del sollevamento di una valigia, oltre al braccio che la solleva impegniamo il tronco ed anche l’altro braccio sollevandolo pur di sostenere il peso della valigia.
In salute questo fenomeno ci aiuta a sostenere gli sforzi eccessivi mentre in seguito ad ictus l’irradiazione diventa abnorme e coinvolge in modo stereotipato sempre gli stessi gruppi muscolari.
Vi faccio un esempio, se vi trovate a salire le scale o alzarvi dalla sedia, percepite che anche il braccio inizia a irrigidirsi e nei casi più gravi a flettersi al gomito al polso ed alla mano.
Questo avviene di fronte agli sforzi eccessivi, cioè gli sforzi che il paziente in un dato momento dimostra di non esserne alla portata.
Potrebbe essere anche il cammino stesso ad evocare l’irradiazione e questo dovrebbe farci riflettere sull’adeguatezza di poter realmente camminare in quel dato momento in seguito all’ictus.
Ogni volta che compaiono i segni dell’irradiazione non stiamo facendo altro che mantenere in vita un fenomeno che invece vogliamo insegnare al paziente a tenere sotto controllo durante il movimento, pertanto se nel corso della seduta di fisioterapia vi rendete conto della comparsa di irradiazione durante gli esercizi ed il terapista accortosene non modifichi le sue richieste, possiamo individuare una conoscenza parziale della riabilitazione dell’ictus cerebrale ed un approccio riabilitativo lontano dal Metodo Perfetti.
Frasi che denotano una conoscenza parziale della riabilitazione neurocognitiva
Passiamo adesso ad una analisi sottile di quegli elementi che possono farci capire se la terapia che stiamo ricevendo è riabilitazione Neurocognitva oppure no.
Come sapete il linguaggio è lo specchio della comprensione che abbiamo di un certo argomento.
Quando due colleghi che fanno lo stesso mestiere parlano tra di loro di lavoro sono in grado di giudicare sulla base della terminologia che viene utilizzata, il grado di conoscenza di un certo argomento.
Questo non significa che utilizzare termini altamente tecnici o medici significhi che l’argomento in questione è altamente metabolizzato, anzi sono dell’idea che più si è in grado di spiegare attraverso parole semplici un dato argomento e più se ne è padroni.
Vediamo ora quali termini o frasi tradiscono una interpretazione del problema post ictus e della riabilitazione lontana da quella Neurocognitiva.
“La mano è morta”
Questa è una delle frasi che un bravo terapista che si occupa di Riabilitazione Neurocognitiva non vi dirà mai. In primo luogo perchè sa che non è la mano ad essere morta in seguito ad un ictus, ma al limite sono state danneggiate alcune aree del cervello attraverso le quali ne è possibile il movimento.
n secondo luogo perchè una frase di questo tipo evidenzia la negazione di un concetto fondamentale quando affrontiamo il tema del sistema nervoso centrale: la plasticità.
Dire che una mano è morta in seguito ad un ictus equivale a dire che il sistema nervoso non è plastico ed ancora più palesemente equivale a dire:
“io terapista non ho gli strumenti adatti per il recupero della presa e addosso tutte le colpe alla lesione del paziente”.
Ho visto muovere molte mani che erano state definite morte, una giusto recentemente definita fulminata, credo che al di la della correttezza metodologica legata ad una frase di questo tipo dovremmo interrogarci sulla sua correttezza umana.
“Spalla bloccata”
Anche questa frase nasconde una conoscenza del problema post ictus parziale ed abilità riabilitative lontane da quelle neurocognitive. Dire ad un paziente che ha la spalla bloccata o il polso bloccato equivale a dire:
“ritengo che il problema di movimento in seguito all’ictus sia di tipo muscolare ed articolare”
In genere ad una frase di questo tipo segue un trattamento rivolto a “sbloccare” la spalla, come se la spalla fosse un pezzo, un ingranaggio che ha bisogno di un intervento manuale e diretto. Se volete approfondire il tema delle metafore di questo tipo in riabilitazione, ho scritto un articolo al riguardo.
“Sciogliere la spasticità”: già parlare di spasticità evidenzia una generalizzazione dei fenomeni che la compongono che hanno di per se caratteristiche diverse e diversi modalità di controllo da parte del paziente. Abbiamo parlato infatti di reattività abnorme allo stiramento ed abnorme irradiazione, che rappresentano due delle componenti elementari della spasticità e che insieme agli schemi elementari ed al deficit di reclutamento danno vita ad un quadro complesso definito in modo generico spasticità. Dire “sciogliere la spasticità” significa dire :
“Ritengo che il problema della spasticità sia un fenomeno presente nei muscoli che appaiono rigidi e come tali hanno bisogno di un intervento fisico diretto al loro rilassamento, senza considerare invece che tale insieme di fenomeni originano dall’alterazione delle funzioni cerebrali legate al movimento.”
“Il Perfetti lo faccio ma preferisco utilizzare un mix di tecniche”
Questa tra le frasi che evidenziano una conoscenza parziale del Metodo Perfetti è quella che preferisco, ovviamente sono ironico, perchè è molto efficace ed è apprezzata anche dai pazienti che si sentono presi in carico da un professionista serio che mette in atto tutte le sue armi a disposizioni per la sua guarigione.
In realtà dire “ faccio il Perfetti ma preferisco utilizzare un mix di tecniche” equivale a dire :
“oggi che ritengo che il movimento sia il risultato della sola contrazione dei muscoli e della libertà articolare, ti propongo tecniche di mobilizzazioni passive, stretching e rinforzo muscolare, domani che invece riterrò che oltre ai muscoli sono importanti anche i riflessi spinali ai fini del movimento allora ti proporrò tecniche neuromotorie come kabat Vojta e Bobath, mentre dopo domani quando invece comprenderò che un ictus danneggia il cervello ed altera quindi i processi cognitivi che organizzano il movimento, solo allora ti farò un po’ di Perfetti per riattivarli e procedere verso un recupero di qualità”
In definitiva chi dice di usare un mix di tecniche credo che non solo conosca ben poco la Riabilitazione Neurocognitiva, ma anche le altre.
Proposte che nascondono poca conoscenza della Riabilitazione Neurocognitiva
Abbiamo visto cosa deve contenere un esercizio di Riabilitazione Neurocognitiva e cosa invece non deve assolutamente contenere, abbiamo analizzato alcune parole e frasi che smascherano una conoscenza parziale dell’argomento ictus e Metodo Perfetti, adesso è il momento di analizzare alcune proposte e suggerimenti che ci offriranno ulteriori indizi.
- Proporre il botulino
- Proporre l’utilizzo di ortesi
- Proporre l’abbandono del bastone quando il cammino non è ancora sicuro
Proporre il botulino: devo dire che raramente ho sentito un fisioterapista proporre ad un paziente di considerare l’utilizzo del botulino, in genere lo fanno i medici, perchè il fisioterapista sia che si tratti di un riabilitatore neurocognitivo sia che si tratti di un terapista che opera in ambito sportivo, sa che il botulino oltre ad avere un effetto momentaneo, limita oltretutto le possibilità di movimento future, ed in definitiva ogni terapista, apparte chi definisce gli “arti morti” mantiene sempre viva la speranza di un recupero, fa parte del dna del fisioerapista che basa la propria professione sul recupero.
Tuttavia purchè raro se il vostro terapista vi dovesse proporre di considerare il botulino è come se tra le righe dicesse :
“Ignoro gli effetti del botulino che agiscono sulle giunzioni tra muscolo e nervo distruggendole ed ignoro per giunta che in seguito a questa distruzione l’organismo tenti di porvi rimedio attraverso la produzione di nuove giunzioni e stavolta sulla base del movimento attuale cioè povero e spastico ed è per questo che in seguito a circa tre mesi quando l’effetto di rilassamento che il botulino sarà svanito tornando alla situazione iniziale se non peggiore, tornerò a riproporne il suo utilizzo, ritengo inoltre che la spasticità sia un problema di muscoli e non causata dalla lesione cerebrale”
Proporre l’utilizzo di ortesi: suggerire l’utilizzo di un supporto fisso per la mano per sperare di tenerla aperta e ridurre l’ipertono equivale a dire :
“ritengo che l’ipertono sia un problema muscolare e che il paziente non abbia nessuna capacità di poter imparare a controllare la reattività allo stiramento e non avendo io alcuna capacità di insegnare al paziente il controllo su tale fenomeno preferisco ingannare me stesso e gli altri aprendo forzatamente la mano e fissarla su una tavoletta pur di vederla aperta, anche se palesemente ancora rigida”.
La stessa dichiarazione avverrebbe proponendo la molla di codeville con l’aggiunta di :
“Non considero affatto l’importanza che la percezione del suolo abbia ai fini della costruzione di un passo corretto, per questo ti suggerisco di usare una suola rigida che non ti permetta di percepire bene il suolo…”
Proporre l’abbandono del bastone quando il cammino non è ancora sicuro: è senso comune pensare al bastone come ad un simbolo di disabilità la cui presenza denota ancora una limitazione all’autonomia dell’individuo, questo è naturale pensarlo per chi non è del mestiere, ma per chi fa del recupero post ictus la sua professione deve considerare il bastone come uno strumento che permetta al paziente emiplegico di poter concentrarsi su alcuni aspetti complessi del cammino come il carico riducendo la possibilità di cadute e di comparsa di irradiazione, proporre l’abbandono troppo precoce del bastone significa dire: “ non mi importa la qualità del tuo cammino, preferisco vederti camminare male ma senza simboli di disabilità come il bastone.
Autore: Valerio Sarmati