Gli angiomi cavernosi
Possono essere asintomatici anche per tutta la vita
Il cervello è composto da una enorme quantità di vasi sanguigni e piccoli condotti atti ad irrorare e nutrire un organo tanto importante; per motivi sconosciuti, ma con una probabile componente genetica, possono presentarsi a livello cerebrale o del midollo spinale degli aggregati anomali di piccoli vasi che nel caso di sanguinamento possono provocare delle conseguenze fastidiose che richiedono l’asportazione chirurgica dell’agglomerato stesso.
Chi ne soffre e quando viene sospettata la presenza di angioma cavernoso?
L’angioma cavernoso, o cavernoma, viene diagnosticato prevalentemente in giovani di età compresa tra i 20 e i 40 anni che in molti casi presentano già un evento simile in famiglia.
Spesso si viene a sapere di questi piccoli agglomerati venosi, che assumono la forma di una mora, solo nel corso di analisi prescritte per altri motivi, mentre altre volte sono episodi di epilessia o sanguinamento cerebrale che inducono lo specialista a indagare più approfonditamente.
La diagnosi avviene in seguito a una TAC, che può solo indurre un sospetto, e viene confermata da una risonanza magnetica.
Gli strumenti possono evidenziare una localizzazione profonda o superficiale del cavernoma; nel primo caso l’anomalia dei vasi si trova nel tronco encefalico, nei nuclei cerebellari, nel talamo o nei gangli della base, mentre gli angiomi superficiali sono situati negli emisferi cerebrali.
I due tipi di angioma richiedono differenti approcci medici in considerazione dell’area in cui si trovano e conseguentemente del livello di gravità che possono rappresentare.
Cavernoma profondo e superficiale
I cavernomi profondi sono quelli di importanza maggiore in quanto colpiscono zone che regolano lo scambio di impulsi nervosi tra cervello e corpo e viceversa. Solitamente questo tipo di cavernoma è più piccolo dei superficiali e più esteso in lunghezza che in larghezza così che un suo sanguinamento può provocare dei deficit anche relativamente a più aspetti: la forza, le capacità motorie, la deambulazione, la vista e la mobilità oculare, la respirazione o il senso propriocettivo, inoltre non si può escludere che un sanguinamento nel tronco dell’encefalo possa causare anche uno stato temporaneo di coma.
Solitamente nel caso di sanguinamento del cavernoma profondo esiste una probabilità del 57% che non risanguini nell’arco dei 5 anni successivi e la percentuale scende al 33% all’11% e al 6% rispettivamente nei successivi 10, 20 e 25 anni.
Il cavernoma superficiale invece, nonostante esista una percentuale di rischio di ictus emorragico, tendenzialmente non sviluppa conseguenze gravi a lungo termine. La complicanza grave più comune è quella dell’epilessia che può essere tenuta sotto controllo mediante alcuni farmaci che però hanno degli effetti collaterali importanti di cui il paziente va minuziosamente informato.
Quando si rende necessaria l’operazione chirurgica?
Specialmente nei casi di sanguinamento grave di un angioma cavernoso profondo, può essere opportuno eliminare il problema asportando il piccolo groviglio di vasi. L’operazione avviene solitamente mediante microchirurgia; fino a qualche anno fa si utilizzava anche il metodo della radiochirurgia, ma non promettendo risultati sufficientemente apprezzabili, questo tipo di operazione è stato per lo più abbandonato.
La microchirurgia consiste in una craniotomia, cioè nell’asportazione di una parte di cranio per rendere possibile l’asportazione del cavernoma, il tutto con l’ausilio di un microscopio apposito (tecnica della neuronavigazione). La microchirurgia, nel caso di angiomi profondi, può essere pericolosa in quanto è possibile che, andando a toccare alcune aree del cervello, si provochino dei deficit anche permanenti.
A volte l’intervento è consigliato anche per gli angiomi superficiali e in questo caso la probabilità di complicanze gravi è sicuramente minore.
L’angioma cavernoso è sicuramente un disturbo preoccupante e statisticamente è stato valutato che il 27% dei soggetti presenta dei deficit neurologici permanenti, specialmente relativi alla motilità degli arti, alla mimica facciale o alla deglutizione, mentre il 36% recupera parzialmente i deficit durante la terapia riabilitativa; fortunatamente esiste un 37% di pazienti che recupera totalmente le proprie funzionalità e può tornare a condurre una vita del tutto simile a quella precedente all’episodio sintomatico che ha evidenziato la presenza del cavernoma.
Autore: Valerio Sarmati