Agnosia visiva
Vedere bene e sentirsi diagnosticare la cecità. Possibile, se si soffre di agnosia visiva
Alcuni disturbi, raramente genetici e più spesso conseguenti a delle lesioni cerebrali dovute a incidenti o malattie come l’ictus, possono essere davvero curiosi, per quanto difficili da gestire.
Un medico neurologo, Oliver Sacks, parallelamente alla sua attività di medico, ha scritto dei libri prendendo spunto dai pazienti di cui si occupava ponendo l’attenzione soprattutto sull’approccio del malato nei confronti di malattie tanto particolari.
Uno dei suoi racconti si intitola “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello” e descrive un caso di agnosia visiva. In particolare si tratta di un musicista che in seguito a delle lesioni encafaliche ha iniziato a non riconoscere più gli oggetti di fronte a cui si trovava.
Cos’è l’agnosia visiva?
L’agnosia è di per sé l’incapacità di riconoscere gli oggetti, nonostante non ci siano limitazioni della funzionalità sensoriale che ne impediscano il riconoscimento ed è causata da una lesione del lobo occipitale del cervello. Questo significa che chi sente benissimo ha difficoltà a riconoscere un motivetto noto o a canticchiarlo, chi non ha alcun difetto tattile non saprebbe dire che oggetto ha in mano senza vederlo, e, nel caso dell’agnosia visiva, chi vede perfettamente non riconosce ciò che ha davanti agli occhi a meno che non vengano coinvolti nel riconoscimento anche gli altri sensi.
Colui che soffre di agnosia visiva non riconosce un telefono posto davanti ai suoi occhi oppure può essere in grado di riconoscerlo, ma non di dire come si chiama e a cosa serve, a meno che non lo senta squillare, o, come nel caso del musicista del romanzo di Sacks, può avere davanti a sé un guanto, descriverlo, toccarlo, ma capire di cosa si tratta solo nel momento in cui lo indossa.
Il primo a elaborare una classificazione delle agnosie visive (che sono le più frequenti e le più studiate), fu Lissauer, che individuò un’agnosia appercettiva ed una associativa; nel primo caso i pazienti non sono in grado di riconoscere le forme che hanno davanti agli occhi, nel secondo,possono individuarne la forma senza però riuscire ad associarla a un oggetto presente nella loro memoria. Questa classificazione è stata poi arricchita da Humphreys e Riddoch, i quali hanno distinto una forma di agnosia per le forme, quando il paziente non riesce ad elaborare delle forme generali, un’agnosia integrativa, quando il paziente riconosce solo forme globali, un’agnosia trasformazionale, se il paziente non riconosce lo stesso oggetto visto da angolazioni diverse, una di accesso al sistema semantico, in cui le forme vengono riconosciute, ma non vengono collegate all’oggetto; altri studiosi hanno esteso la patologia a coloro che non riconoscono le lettere (alessia selettiva) o i volti umani (proposagnosia), ma non tutti i medici concordano nel porre questi disturbi sullo stesso piano delle agnosie visive in quanto interessano aree e strutture cerebrali differenti.
Quando si indaga sulla presenza di agnosia visiva? E quali test vengono utilizzati?
Quando un paziente dimostra di non riconoscere gli oggetti, sbaglia nel denominarli o confonde i loro nomi, i medici cercano di capire se si è in presenza di un caso di agnosia visiva mediante delle visite e dei test specificamente elaborati.
I test più utilizzati all’inizio del procedimento diagnostico sono 2 e vengono proposti al paziente dopo una visita oculistica che accerti che non sussistano problemi di vista veri e propri.
Uno dei test si basa su 2 batterie di immagini, una detta Visual Object and Space Perception Battery (VOSP) e l’altra Brimingham Object Recognition Battery (BORB), entrambe utilizzate per evidenziare la capacità di valutazione e discriminazione visiva.
Inizialmente i test sono piuttosto elementari e aumentano la loro difficoltà man mano che si va avanti nell’indagine, dal riconoscere una X in una matrice di simboli casuali, a riuscire a capire se l’oggetto mostrato è reale o inventato.
Si può guarire dall’agnosia visiva?
In presenza di lesioni cerebrali la malattia può svilupparsi lentamente peggiorando col passare del tempo fino a diventare di un livello di gravità insostenibile per la vita quotidiana.
È piuttosto difficile riuscire a riabilitare completamente un paziente malato di agnosia visiva, ma con degli esercizi specifici e con l’aiuto di un medico preparato e disponibile si possono ottenere dei sensibili miglioramenti.
Fortunatamente i casi di agnosia visiva sono molto rari, ma purtroppo sono quasi sempre sovrapposti ad altri problemi cerebrali che vanno trattati parallelamente ad esso e questo può prolungare i tempi di ripresa; in ogni caso, come sempre in presenza di deficit cognitivo, il ruolo della famiglia è fondamentale per permettere al paziente di prendere coscienza del proprio problema e di avvicinarsi alla terapia riabilitativa con la serenità necessaria ad ottenere, col tempo, qualche buon risultato.